Triennale Milano
La rarissima, ma scoperta, raganella del New England (Litoria_subglandulosa), © LiquidGhoul, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
La rarissima, ma scoperta, raganella del New England (Litoria_subglandulosa), © LiquidGhoul, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Map of Undiscovered Life

29 aprile 2022
Nel 2012, un gruppo di scienziati di Yale guidati da Walter Jetz, professore di ecologia e biologia evolutiva,pubblica la Map of Life (MoL) con l’intento di mappare la distribuzione sul pianeta Terra di tutte le specie animali conosciute e costituire un database globale. I dati raccolti includono informazioni esaustive su ubicazione, date di scoperta, area geografica, caratteristiche ambientali e biologiche di circa 32.000 vertebrati. Tuttavia, appare subito chiaro che un simile database non può essere completo in quanto lascia enormi lacune relative a specie non ancora scoperte. Al ritmo attuale del cambiamento ambientale globale, non c'è dubbio che molte di queste si estingueranno prima di essere scoperte dall’uomo ed è allo stesso modo evidente che, già oggi, le giovani generazioni studiano e imparano a conoscere animali che non hanno mai visto o non vedranno mai.
Quando si considera la complessità del regno animale è impossibile pensare di conoscerlo nella sua totalità, si stima infatti che solo il 10-20% delle specie esistenti siano  state catalogate e descritte formalmente. Per questo motivo, neanche un decennio dopo la pubblicazione della MoL, Jetz e parte del suo team, che conta/include anche il prof. Mario Moura, biologo e PhD in Ecologia, rilasciano una seconda versione della mappa intitolata Map of Undiscovered Life (MoUL). Lo scopo, questa volta, non è quello di classificare le specie che conosciamo, ma di creare una mappa dei luoghi in cui la vita deve ancora essere scoperta.
MoUL, mappa del mondo con la percentuale di scoperte future totali
© Vyacheslav Argenberg / http://www.vascoplanet.com/ CC BY 4.0, via Wikimedia Commons
© Vyacheslav Argenberg / http://www.vascoplanet.com/ CC BY 4.0, via Wikimedia Commons
Pubblicati a marzo 2021 dalla rivista scientifica “Nature Ecology & Evolution”, i risultati dello studio evidenziano come le possibilità di scoperta di nuove specie varino ampiamente in base all'area geografica considerata. La ricerca, infatti, non si concentra tanto sul chiedersi quanti esemplari restano da scoprire ma si rivolge piuttosto al dove cercare e al cosa è più probabile trovare. Dallo studio è emerso che, se è nettamente più probabile che siano già state classificate specie che abitano in vaste aree popolate i cui esemplari hanno grandi dimensioni, è altrettanto probabile che l’esistenza di animali piccoli in zone più inaccessibili non sia ancora stata rilevata.
Il modello stabilito per la  MoUL identifica una chiara disomogeneità geografica e tassonomica nel potenziale di scoperta delle diverse specie identificando le opportunità più significative di incontrare nuovi esemplari all’interno delle famiglie dei rettili e degli anfibi. Dal punto di vista geografico è poi emerso che la regione neotropicale – che include l'intero Sudamerica, le isole dei Caraibi, l'America centrale, il Messico meridionale e buona parte delle regioni costiere del Messico, la Florida meridionale – e quella indo-malese – comprendente parte del territorio del Pakistan, il subcontinente indiano, l'Indocina, le regioni meridionali della Cina, l'isola di Taiwan, le Filippine, Sumatra, il Borneo, Giava e Bali – si rivelano essere zone ricche di potenziali scoperte. La mappa interattiva prodotta per illustrare il progetto evidenzia queste regioni con le aree più “fertili” segnate in viola scuro (ogni pixel sulla mappa rappresenta 220 x 220 km).

"La ricerca non si concentra tanto sul chiedersi quanti esemplari restano da scoprire ma si rivolge piuttosto al dove cercare e al cosa è più probabile trovare."
MoUL, mappa del mondo con i 4 principali gruppi di vertebrati nelle prime 10 regioni
MoUL, mappa del mondo con i 4 principali gruppi di vertebrati nelle prime 10 regioni
Risulta evidente che, oltre alle disomogeneità geografiche, un altro fattore importante è la quantità di ricercatori e di risorse investite per scoprire nuove specie animali. Sfruttando una rete di partner in tutto il mondo, il team di ricerca ha ora in programma di espandere la “mappa della vita sconosciuta” a specie vegetali, marine e invertebrate. Tali informazioni aiuteranno i governi e le istituzioni scientifiche a capire dove concentrare gli sforzi per documentare e preservare la biodiversità.
Lo spostamento dialettico della questione, dalla quantità di esemplari alla probabilità di scoprire nuove specie, mette un nuovo focus sulle possibilità della biodiversità. Invece di vedere la conservazione come un gioco di numeri, che definisce le specie in base alla quantità  delle loro popolazioni (spesso in rapida diminuzione), le forme di vita  sconosciute forniscono una nuova opportunità per ridisegnare la narrativa della pianificazione, della gestione e del processo decisionale, nell’ottica della conservazione della biodiversità in tutto il pianeta. 
La probabilità che popolazioni non ancora scoperte coabitino con quelle note indica che la conservazione della biodiversità non dovrebbe concentrarsi solo sul sostegno delle specie visibili ma anche sul preservare l'ambiente e le sue condizioni bioclimatiche generali. 
Questo cambio di strategia potrebbe garantire la conservazione di quanti più esseri viventi possibili, grandi e piccoli, noti e sconosciuti.
Schermata della mappa interattiva, con la categoria anfibi, © Map of Undiscovered Life / Yale University